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Chi sono gli operatori di pace?

Gv 14,27-28
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: «Vado e tornerò da voi».
Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me.


La pace è un grande dono di Gesù, fatto ai cristiani.
Una semplice definizione del cristiano è: uomo della pace.
Siamo uomini della pace? Cerchiamo la pace? Sappiamo trasmettere pace agli altri?
Cerchiamo la pace vera, non una pace elitaria di pochi ricchi, ma quella regalata da Gesù: una pace profonda, che consola il cuore umano dalle prove e difficoltà terrene.
Vivere in pace è davvero un dono di Dio, è frutto dell’amore. «Nasce dall'amore del prossimo, è immagine ed effetto della pace di Cristo che promana da Dio Padre» (GS 78).
«Vivere in pace nel cuore, nella coscienza, vivere in pace nella famiglia, vivere in pace nella comunità, vivere in pace» (Papa Francesco, omelia del 21 maggio 2019).  
 
Sentiamo dire o noi stessi diciamo che è possibile conservare la pace anche nella sofferenza, nell’ingiustizia, ecc… Ma davvero crediamo possibile la coesistenza di queste due realtà contrastanti: pace e sofferenza?

Nel suo discorso della montagna Gesù ci ha insegnato le beatitudini (Mt 5,3-12), il cuore della sua predicazione, attraverso le quali chiama beati, felici, i poveri in spirito, gli afflitti, i miti, gli affamati e assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati a causa della giustizia e tutti i perseguitati e i calunniati… per un qualcosa che non riceveranno sulla terra ma nel Regno dei cieli.  
La nostra pace si fonda su questa promessa futura, sull’eredità che riceveremo nella vita eterna.
Siamo imperturbabili perché, seppur affezionati alla terra e amanti della vita, sappiamo tuttavia che siamo fatti per il Paradiso e che passa la scena di questo mondo (1 Cor 7,31). Solo Dio resta per sempre.
Non solo, le cose sofferte su questa terra, innestate in Cristo diventano per noi e per altri strumenti di salvezza. Tutto questo è fonte di pace per i credenti.

È in questa chiave che andrebbero lette le vite dei martiri, è in questa prospettiva che è possibile capire la dodicenne Agnese che risponde al martirio come un invito a nozze con Gesù sposo; non solo non ha perso la pace, ma ha subito il martirio con entusiasmo!       
O Policarpo che nel rogo diceva che non serviva inchiodarlo, poiché lui non sarebbe scappato, non si sarebbe sottratto al fuoco.
Si tratta di una pace «che nessuno può togliere, una pace che è un dono, come il mare che nel profondo è tranquillo e nella superficie ci sono le onde» (Papa Francesco, omelia del 21 maggio 2019).
Se le «beatitudini dipingono il volto di Gesù Cristo e ne descrivono la carità» (CCC 1717), la persona che le vive tiene impresso sul suo volto, il volto del Figlio di Dio.  
 
C’è una preghiera del beato Carlo di Gesù che può aiutarci per la conclusione della nostra riflessione, intitolata «La pace verrà».
 
L’essere umano è capace di pace e i cristiani in modo particolare sono chiamati ad essere operatori di shalom, perché hanno incontrato Gesù, il più grande «Uomo di pace».
La scelta di usare denominatori comuni ai cristiani per i laici della Famiglia Mariana Le Cinque Pietre non è casuale, si è voluto scartare ciò che poteva sembrare esclusivo, solo per pochi; «pietre vive» (1Pt 2,5) o «operatori di shalom» (Mt 5,9) sono espressioni tipicamente bibliche, con le quali ognuno può identificarsi.

Per essere operatori di shalom si deve essere capaci di portare la pace anche nelle situazioni più difficili.

Il beato Carlo di Gesù scrive:
Se tu credi che un sorriso è più forte di un'arma,
Se tu credi alla forza di una mano tesa,
Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide,
Se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo,
Se tu sai scegliere tra la speranza o il timore,
Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l'altro, allora...
La pace verrà.
Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore,
Se tu sai gioire della gioia del tuo vicino,
Se l'ingiustizia che colpisce gli altri ti rivolta come quella che subisci tu,
Se per te lo straniero che incontri è un fratello,
Se tu sai donare gratuitamente un po' del tuo tempo per amore,
Se tu sai accettare che un altro, ti renda un servizio,
Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora...
La pace verrà.
Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta,
Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria,
Se tu sai accogliere il misero che ti fa perdere tempo e guardarlo con dolcezza,
Se tu sai accogliere e accettare un fare diverso dal tuo,
Se tu credi che la pace è possibile, allora...
La pace verrà.

 
Non si può essere operatori di shalom senza credere in questo: nella forza del sorriso non negato a chi ci ha ferito o semplicemente non ci sta simpatico; nella forza di una mano tesa al povero che elemosina.
Non si può essere operatori di shalom senza l’impegno di costruire insieme ponti di unione, di valorizzare le differenze, di fare il primo passo nella carità, nella riconciliazione, nel fare il bene, è così che si trasmette la pace.
Operatore di shalom è chi è ancora in grado di commuoversi davanti allo sguardo di un bambino, è chi sa gioire per la gioia di altri.

L’Operatore di shalom è un «fratello universale», chiunque può sentirsi suo fratello, pur avendo un altro colore della pelle.
Operatore di shalom è chi sa donare il tempo per amore, che sa servire e farsi servire, che nutre il prossimo con pane e amore. È così che si trasmette la pace: credendo che il perdono ha più valore della vendetta.
 
È questa la preghiera di un uomo uniformato a Gesù, un consacrato che ha vissuto il Vangelo, che si è fatto nomade coi nomadi, un sacerdote che prima di essere padre è stato il fratello di tutti.

Consegniamo anche noi alla storia messaggi di pace.

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